PAROLE INCOMPIUTE
Abbiamo vissuto intensamente la RIDEF di Leon, Spagna.
La nostra coscienza di educatori è stata colpita da riflessioni espresse nel corso delle giornate attraverso diversi linguaggi: parole, immagini, oggetti, movimenti, dati, realtà continentali, storie culturali, abitudini diverse, scambi lungo i corridoi e negli angoli, conversazioni collettive nei gruppi di lingua, sguardi, gesti che si inseguono, sorrisi durante gli incontri, danze e canti, molteplicità di lingue, lacrime, emozioni vive, applausi, critiche e complimenti.
Durante i giorni di luglio 2012, le parole ragazze, adolescenti, giovani, donne, sono state attraversate da numerosi filtri che permettono di comprendere la loro situazione sul pianeta nelle diverse condizioni: la disuguaglianza, la discriminazione, l’insicurezza, l’ansia, l’assenza, il rifiuto, l’ingiustizia, il disprezzo, la dimenticanza, il rischio, la lotta, i bisogni, il controllo, la valorizzazione, la sottomissione, il digiuno, il silenzio, il confinamento, i veli.
Abbiamo affrontato una disuguaglianza inspiegabile che tocca più della metà delle popolazioni dei nostri paese, nonostante i 21 secoli della nostra storia trascorsa.
Vi sono casi estremi quali la violenza, gli assassinii, la prostituzione delle ragazze e delle giovani, le mutilazioni genitali femminili, le molestie e la violenza, i matrimoni coatti e precoci.
Altre forme sono più sottili ma altrettanto dolorose, quali il doppio tempo di lavoro, gli stipendi disuguali, la responsabilità quasi esclusiva dei lavori casalinghi e la cura dei figli, delle ragazze, degli anziani, la non presenza nella lingua, la predeterminazione dei mestieri e delle scelte professionali, l’assenza nell’ambito delle leadership, il silenzio permanente, l’essere sempre dietro l’uomo, le canzoni, i giochi e i colori scelti da un solo sesso, la squalifica e l’impiego della violenza verbale, l’obbligo di coprirsi e vestirsi in un certo modo.
Abbiamo percorso le nostre aule e i nostri spazi culturali per prendere coscienza che esistono numerosi filtri che aumentano il margine di discriminazione tra i sessi per noi donne e per le nostre figlie: la razza, l’etnicità, la classe sociale, il contesto in cui si vive, l’orientamento sessuale, la povertà, l’handicap e lo status di migranti e molti altri.
Abbiamo osservato come la lingua, i libri di testo, i programmi, le scelte per la formazione, la religione, l’assenza di un’educazione sessuale, l’erotizzazione indotta dai media, la mancanza di politiche pubbliche per la sanità e l’etica sessuale hanno portato all’esistenza di una ‘donna oggetto’, di ‘bambole rotte’, di partner silenziose, uniche colpevoli di gravidanze indesiderate.
Abbiamo notato che un 50% della popolazione dei quattro continenti in cui ci sono insegnanti che praticano la pedagogia Freinet, costituisce un’importante forza lavoro che contribuisce all’economia con dei redditi reali per le famiglie, soprattutto per le più povere. Questi redditi sono spesso ridotti a causa della differenza in termini di stipendio conseguenza della discriminazione salariale nei confronti delle donne, nelle zone rurali, nei contesti autoctoni, negli scenari delle razze e delle etnie e negli spazi migratori.
Abbiamo scritto nel nostro giornale quotidiano che la maggior parte della popolazione fornisce un importante lavoro quotidiano non riconosciuto alle famiglie e alle case dei nostri paesi.
Abbiamo appreso attraverso conferenze, tavole rotonde, presentazioni, mostre, scritture, immagini della vita, laboratori lunghi e brevi, come la mancanza di opportunità per studiare e formarsi ricade sulla disoccupazione femminile, e costituisce una realtà dolorosa per le giovani non alfabetizzate.
Se si fa un’analisi sul nostro continente, l’America latina, per esempio, si osserva che ci sono circa 110 milioni di donne il cui 40% ( 55 milioni) non ha terminato gli studi primari. Aggiungendole alle donne analfabete, ci sono circa 75 milioni che chiedono silenziosamente un’educazione di base.
Abbiamo riflettuto sul voto finalmente concesso alle donne, ai cui albori troviamo il voto alle donne americane nel New Jersey nel 1776, ma abolito nel 1807 e ristabilito 60 anni più tardi, nel 1869, nel Wyoming, con un suffragio però non universale per le persone di pelle scura. Abbiamo visto apparire il voto alle donne all’inizio del XX° secolo, con il plebiscito di Cerro Chato in Uruguay nel 1927 e durante la seconda Repubblica spagnola nel 1931, più tardi in paesi come il Messico all’inizio della seconda metà del 900, nel 1953, e, in Africa, nei territori governati dalla Francia, nel 1956.
Ci siamo interrogati sulla mancanza di proporzionalità nella presenza delle donne nell’esercizio del potere esecutivo dei nostri governi, che va dal 10,5% in Uruguay al 15% in Messico, al 27,3% in Argentina, al 25,7% in Brasile, al 42,8% in Spagna. Nessun paese vede comunque una presenza di donne circa al 50% nell’esercizio dei propri diritti politici.
Ma abbiamo anche constatato che le donne nel nostro paese sono i migliori studenti, con i voti più alti nell’istruzione superiore. Le abbiamo viste nelle assemblee scolastiche, nei consigli di classe, nelle manifestazioni pubbliche degli studenti, difendere i diritti dei bambini e delle donne, le vediamo emergere nell’arte, nella letteratura, nella scienza. Le abbiamo viste alla direzione di imprese, nei governi locali, regionali o nazionali, nelle società scientifiche, nei ministeri dell’educazione e della sanità, dell’economia o della cultura. Le abbiamo ascoltate nelle ONG, in difesa dei diritti, e nelle organizzazioni internazionali.
Dopo aver analizzato quanto è stato detto, vissuto, espresso, percorso e proclamato alla RIDEF proponiamo alcuni orientamenti.
• E’ urgente rendere le donne visibili in un mondo dal dominio maschile.
• Abbiamo bisogno di un lavoro intenso per raggiungere l’equità di accesso di bambine e ragazze a scuola.
• L’uguaglianza dei sessi non è espressa solo da un uguale numero di banchi in classe, ma dalla disponibilità, dall’accesso, dalla continuità, dal rispetto dei diritti delle bambine e delel ragazze a scuola.
• Dobbiamo analizzare la nostra lingua e la gestione dei contenuti per eliminare le trasmissioni sessiste a scuola.
• Il contenuto dei programmi, i materiali didattici, la lingua, gli esempi proposti in classe, le aspettative di carriera, i colori dei vestiti, le canzoni, i giochi, i giocattoli, le routines, devono essere analizzati per raggiungere l’equità tra i sessi.
• Si devono trasformare le aspettative dei genitori, degli insegnanti in merito alle bambine e ai bambini. Il futuro delle donne non è soltanto di essere spose e madri.
• La scuola deve eliminare lo stereotipo del comando maschile sulle donne, del lavoro domestico come spazio femminile, dell’espressione affettiva come tratto unico delle donne, delle ragazze, delle giovani.
• E’ urgente eliminare la violenza contro le donne.
• Abbiamo bisogno di politiche pubbliche di equità di accesso al lavoro, alla politica, alla scienza.
• L’integrazione del genere e l’inclusione delle politiche di uguaglianza in educazione va a vantaggio di tutti, per il pieno esercizio dei diritti di donne e uomini.
Osservando la crescita della FIMEM, ci domandiamo come procedere per controllare e prevenire le politiche di dipendenza rispetto ad altri movimenti, il desiderio di controllo e di dominio di quanti ritengono di possedere la verità assoluta e la ragione pedagogica univoca, di quelli spaventati dall’emergere di nuove forme di interpretazione della cooperazione nei movimenti nazionali o continentali.
Se non recuperiamo nella nostra pratica quotidiana, nel lavoro nei movimenti e nella FIMEM quanto è stato espresso e vissuto alla RIDEF, saranno delle…parole incompiute.
Diciamo allora, come abbiamo detto e praticato in momenti vivi come le serate multiculturali o nella manifestazione ‘lunedì senza sole’, lunga vita alla FIMEM, alle nostre figlie e alle nostre donne, ai movimenti nazionali, all’indipendenza, alla democrazia! Lunga vita alla libertà d’espressione, alla rivoluzione delle coscienze, ai diritti dell’infanzia, ai diritti delle bambine,delle giovani e delle donne, ai diritti dell’uomo!
Lunga vita al MCEP che ha dato luce e offerto l’occasione per questa profonda riflessione teorica, alla condivisione di pratiche scolastiche e di culture in questa RIDEF.
Procedere in questa utopia, come dice Galeano, ci permette di andare avanti.
Teresita Garduno Rubio